Nada Yoga – Il suono come via verso il Sé profondo
- Marianne Gubri
- 9 apr
- Tempo di lettura: 3 min

Fin dalle origini delle tradizioni spirituali indiane, il suono è considerato non solo un mezzo di comunicazione, ma una forza creatrice e trasformatrice. Nel Nada Yoga, lo yoga del suono, si insegna che tutto ciò che esiste è vibrazione, e che l’intero universo nasce da un suono primordiale, Nāda.
Il termine sanscrito nāda significa “flusso sonoro” o “corrente vibratoria”. Questo suono non è solo quello che percepiamo con l’udito: è una vibrazione sottile e continua, presente ovunque, dentro e fuori di noi. Ascoltarla è già iniziare a cambiare.
Il Suono come meditazione
Nel Nada Yoga, la meditazione si basa sull’ascolto del suono — sia esteriore (suoni naturali, strumenti, mantra cantati) che interiore (il suono del respiro, del cuore, dei pensieri, del silenzio profondo). L’obiettivo non è semplicemente rilassarsi, ma entrare in risonanza con una parte più essenziale di sé, ritrovare un'armonia che spesso viene dimenticata nella frenesia del vivere.
Questo percorso di ascolto conduce gradualmente dalla periferia dell’esperienza sensoriale verso il centro della coscienza.
I quattro livelli del suono
La tradizione del Nada Yoga descrive quattro livelli progressivi del suono, che riflettono altrettanti stati interiori della coscienza:
1. Vaikhari – Il suono esteriore
È il suono che sentiamo fisicamente: le parole, la musica, i rumori del mondo. È il livello più “denso” e materiale, ma anche la porta di ingresso all’ascolto consapevole.
2. Madhyama – Il suono mentale
Qui il suono non è più udito con le orecchie, ma percepito interiormente. È la voce del pensiero, la memoria sonora, il dialogo interno. A questo livello, si inizia a osservare il modo in cui il suono plasma le nostre emozioni e la nostra identità.
3. Pashyanti – Il suono immagine
Il suono si trasforma in immagine, simbolo, intuizione. È l’inizio del linguaggio archetipico: il mandala, il sogno, la visione interiore. È un suono che guida senza parole, che ispira e trasforma attraverso forme e colori invisibili.
4. Para – Il suono oltre il suono
È il suono più sottile, quello che precede ogni suono udibile: il silenzio vibrante, la sorgente. In questo spazio si sperimenta l’unità, la presenza pura, lo stato di coscienza non duale.
Una pratica viva e trasformativa
A differenza di altri yoga più fisici o mentali, il Nada Yoga coinvolge tutti i livelli dell’essere: il corpo, grazie alle vibrazioni percepite; il respiro, attraverso il canto e i mantra; la mente, che si placa nell’ascolto; il cuore, che si apre alla bellezza.
Attraverso strumenti come la voce, le campane tibetane, il tamburo, la musica modale e l’arpa terapeutica, il praticante può sperimentare stati di coscienza ampliati, accedere a intuizioni profonde, e ritrovare calma, chiarezza e vitalità.
È una pratica accessibile a tutti, che non richiede particolari credenze o abilità musicali. Ciò che conta è l’ascolto sincero e la volontà di lasciarsi trasformare.
Dal Nada Yoga alla vita quotidiana
Nella visione del Nada Yoga, ogni momento può diventare meditazione: una camminata silenziosa, il suono del vento, una nota che risuona nel cuore. Non si tratta di isolarsi dal mondo, ma di ascoltarlo con nuove orecchie, riconoscendo nel suono una guida, una mappa, un ponte verso il proprio centro.
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